Il mistero di Billy Herrington in Giappone

Castelli infestati? Misteriose scritte nel grano? Rituali di veglia e  bestie con tiare papali? Labirinti, pietre del diavolo e statue piangenti? Enigmatiche costruzioni e catacombe di Volterra? Sepolcri nascosti e segreti templari? Altro che misteri! L’unico grande enigma esistente è la rete: luogo in cui lo sconosciuto diviene conosciuto, l’immeritevole assurge a mitologia, la pornografia muta in significante.
La rete è una quinta dimensione, oltre a quelle che l’uomo già conosce (anche se ora mi sfugge la quarta), è senza limiti come l’infinito, è senza tempo come l’eternità, è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. E’ la regione dell’immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà… Ta-daaaa-daaaaaaaan!
Ne avevamo già accennato qualche tempo fa ma il fenomeno Billy Herrington, non accenna a fermarsi, scavando nella cultura giapponese, insinuando radici ben salde come bicipiti di gachimuchi.

Billy Herrington (che vedete protagonista in questi video) è un attore porno americano della scuderia Colt Studio, poi Cam-Am Production, fino a Chi Chi La Rue con cui vince il Grabby Awards per “Miglior scena di gruppo”, poi accade l’impensabile: Billy diventa estremamente noto nella comunità giapponese per una serie di video diffusi dal sito Nico Nico Douga (una sorta di YouTube giapponese), che lo ha trasformato in un fenomeno di internet e oggetto di oltre 3000 parodie. Herrington ha presenziato a talk show e a eventi in Giappone, dove è stato lanciato merchandising di magliette e action figures. Non solo. Herrington diventa simbolo stesso di un camp occidentale, metafora di un’estetica maschile all’ennesima potenza, che nei fan-videos degli otaku, si scontra con quella tradizionale dei generi manga e anime orientali. Come se un David di Michelangelo venisse gettato nel caos fumettistico di un Murakami.

Billy diviene nel tubo digitale la Liz Taylor di Andy Warhol, protagonista di una Pop-art tutta giapponese, mediata da Tatsunoko, dai manga, dagli anime, dai colori splendenti sugli ukiyo della tradizione medioevale. Entra di diritto nel Superflat di Takashi Murakami, in cui il kawaii, il carino, il simpatico, il buffo, diventa invasivo. In questi esempi video, la figura di Billy Herrington è immersa nell’universo videoludico, editato come fosse un cartone animato, censurato, ritagliato, fatto a pezzi e poi ricostruito secondo schemi che di pornografico hanno ben poco (il pene coperto addirittura da un viso di bebè sorridente).
Il videogioco -grazie al meme di Billy- attraverso la trasmissione di video digitali, in un calderone confuso di culture povere e coloratissime, infantili\adolescenziali e al contempo oscene, diventa materiale nuovo nelle mani -non di chissà quale artista celebre- ma di comuni otaku, fanboys forse quattordicenni che con l’ironia e la loro cultura, sfornano più di tremila opere.
Tra Tokyo e casa nostra.
Riempitevi gli occhi, sorridete, non c’è nulla da capire in più di quello che vedrete.


GQ

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *