Marchi gayfriendly sui social network: il caso #FamilyDay

Cosa succede sui social? Perché tanti brand hanno iniziato a occuparsi -o meglio- utilizzare canali di comunicazione, linguaggi e soggetti cari alla comunità LGBT? Per vendere di più? Ovviamente sì, ma non solo, ed è questa la parte che mi interessa discutere.

Il fine ultimo del marketing è vendere il prodotto, su questo non c’è dubbio, ma ciò non vuol dire che ogni operazione di marketing abbia come obiettivo quello di vendere più bottiglie o più biscotti.
La comunicazione Facebook di IKEA pensata per il #familyday non è stata creata per vendere più tavolinetti LACK questo sabato, a ignare e boccalone coppie gay, e la stessa cosa vale per l’AcquaVitasnella che dubito sia stata acquistata oggi da gruppi organizzati di lesbiche in spedizione d’acquisto.

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Ogni azienda per poter comunicare i propri valori, la propria storia e quella dei suoi prodotti, ha bisogno di una Brand Identity, un’identità che sia riconoscibile e coerente. Si personifica un marchio affinché si possa empatizzare con esso.

La costruzione dell’identità di IKEA passa attraverso la casa di tutti, quella svedese, quella democratica; l’AcquaVitasnella negli ultimi anni sta cercando di far dimenticare il nome “snella” che si porta dietro dagli anni ’80 in cui la bellezza fisica era un valore indiscusso e oggi fortunatamente discutibile, per affrancarsi in un’accettazione personale di sé.
E la COOP è la COOP, sei tu, sono io, siamo tutti.
Questi tre esempi hanno fatto della diversità e dell’inclusione uno dei tanti mattoncini della loro identità e personalità.

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Cogliere l’occasione dalla cronaca, o meglio, dalla quotidianità per affermare la propria identità, raccontarla nuovamente, confermarla, è un lavoro di marketing che si sta sviluppando in questi ultimissimi anni, appunto sui social network (lo chiamano “real marketing”), ed è importante perché è nella vicinanza della quotidianità che io ritrovo quell’empatia.

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Criticare un brand perché strumentalmente utilizza battaglie civli per vendere il prodotto, mi pare fuori fuoco.
Mi chiedo: se devo costruire la storia di un brand perché non vuoi che abbia valori di uguaglianza e inclusione?
Dovrei comprare una libreria Billy solo perché l’IKEA è aperta a tutti i suoi clienti, basta che paghino? Ma nel mercato tutto si paga, altrimenti non si chiamerebbe mercato e si chiamerebbe “festa di compleanno in cui si portano i regali”.
Ma quindi Vitasnella non mi sta vendendo l’acqua con quella pubblicità? Ti sta vendendo la sua storia, il suo marchio, affinché tu possa scegliere al momento dell’acquisto; e non lo sta dicendo solo alle persone LGBT, lo sta dicendo a tutti.
Quindi la domanda secondo me è: nel momento dell’acquisto -e quindi del bisogno- a chi voglio dare i miei i soldi? Io preferisco darli a chi mi somiglia, soprattutto nelle idee.
E voi?

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