Di Ryu, Altered Beast e altri corpi

Quando ero ragazzino pesavo meno di due Super Nintendo impilate: ero lungo, magro e dinoccolato.  A 20 anni ero alto 183 cm e pesavo 57 kg.
Vi posterei anche una foto ma le ho strappate tutte (sì, all’epoca erano solo su carta).
I miei giochi preferiti erano Altered Beast e dopo qualche anno, Street Fighter, due titoli in cui la rappresentazione del maschio è centrale nel concept stesso: in uno ci si modifica il corpo con divini steroidi, nell’altro ci si misura a suon di pugni e bicipiti.

Quale sia stato il confine tra desiderio sessuale e identificazione, ho rinunciato a comprenderlo secoli fa. Di sicuro ad oggi mi sento vittima di quello che la cultura di quegli anni ha imposto senza filtri o mediazioni: il corpo desiderato ha un unico codice ed è quello virile estetizzato in muscoli gonfiati a suon di palestra. Una cosa di quegli anni la ricordo bene: sognavo di salire sulla bilancia e veder l’ago indicare gli 80kg.

All’università inizio a frequentare i locali gay e il livello di difficoltà sale da “medium” a “hard”: il corpo proposto combacia con quello dei miei videogiochi, stessa matrice omoerotica, stesso ambiente buio e machista. Io inizio a soffrire di una grave forma di dismorfofobia, che non è quella cosa che ti guardi allo specchio e ti vedi un po’ grassa, è più che ti guardi allo specchio e vedi altro dalla realtà. O non vedi nulla. O vedi a pezzi. In genere ce l’hanno le ragazze anoressiche, ma io non avevo disturbi nell’alimentazione ma tant’è, sono i primi anni 2000, eccomi a fare psicoterapia di gruppo con ragazzini che si sfidano a scendere sotto i 50 kg. Io ne peso 65, ma quando ne peserò 80Kg, mi metterò in canottiera e dimenticherò tutte queste facce in cerchio.

I disturbi di percezione son bizzarri e io che nel frattempo inizio ad andare in palestra. Vado talmente tanto spesso che se salto un giorno mi sento come avessi appena tentato un omicidio. Un giorno crollo mentre corro, mi portano da un medico: depressione. Mi salvano i farmaci. Non lo sport, non il crochet, non i telefilm, non l’aria aperta, non il karate. No. I farmaci salvano dalla depressione. Nient’altro. Compagni di quegli anni restano i videogiochi. Ne giocherò a più di 5 mila. Poi tornerò a guardare Kratos e la sua schiena muscolosa e a controllare l’ago della bilancia più di trenta volte al giorno.

Le stagioni passano, così il Nintendo 64 diventa un GameCube, poi una Playstation 2, poi la 3 e poi la 4; ed eccoci ancora con personaggi maschili che non escono da quello stereotipo.

Mi fermo a pensare: sono passati un bel po’ di anni.
Per fortuna con tutte quelle console, sono passati anche tanti problemi: non soffro più di depressione, ho un lavoro che amo e ora se voglio posso addirittura sposarmi. Ne ho di che accettarmi. Ma nei videogiochi Ryu e Zangief sono ancora al parossismo muscolare. Mentre Dhalsim è vecchio e con la barba bianca. Se a voi sembra giusto…

Mi chiedo ingenuamente: sarà stata colpa davvero della cultura degli anni ’80 e ’90?

So bene che i miei problemi non vengono certo da un paio di pixel colorati, ma quanto ha influito sulla mia idea di desiderabilità una rappresentazione unica? Se la propria accettazione è l’avvicinarsi il più possibile all’idea che si vorrebbe di sé, allora chi ha deciso che quell’idea è autentica?

Ancora discutiamo sul perché sia importante offrire nelle arti visive pluralità di fisicità, orientamenti, culture e identità, ma chi evita la questione sono persone che non si sono mai poste queste domande, e non hanno mai messo in discussione loro stesse. Per non parlare di ogni volta che scrivo o discuto sulla rappresentazione di stereotipi nella cultura (gay e non), vengo accusato di farne parte e promuoverli.
Leggo ancora discussioni in rete sul Circuit e del modello di uomo proposto, ma la soluzione non è la negazione, bensì la varietà di tutte le parti. Ben venga il Circuit, Ryu, Zangief e compagnia pompante, ma non rendiamoli unici.

Ma allora perché riparlarne ancora?
Perché oggi sono salito sulla bilancia ed è arrivato il momento di dire a quel ragazzino che giocava ad Altered Beast che quella sensazione di disagio è ancora lì, non è andata via, anche se continuo ad andare in palestra ogni giorno. E credo che la sentirò anche a 90 o 100 kg. Allora facciamo che domani uscirò per la prima volta in canottiera, ma solo perché avrei dovuto farlo tanti kg e anni fa.

 

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