Angelo Tettamanti alla fine ci è riuscito, si è infiltrato come tesserato alla sezione dei Giovani Democratici “Nilde Iotti”.
Ha firmato quella tessera con mille paure, benché si fosse informato precedentemente con il direttore del giornale conservatore “La Fede” su possibili conseguenze professionali. Vai tranquillo, quando tutto sarà finito richiederemo con i nostri avvocati la revoca di quella ignobile tessera. Questo però non ha tranquillizzato Angelo che con i suoi 24 anni, di cui cinque già di militanza nei partirti di Destra reazionaria, ha paura del suo futuro lavorativo, molto più di venire scoperto dai suoi camerata.
Lo faccio per la mia posizione, per un contratto a tempo indeterminato, sua primaria preoccupazione. Sarà un’inchiesta che ti porterà visibilità, premi di sicuro, forse la TV, addirittura ospitate come opinionista.
Con queste promesse e relative aspettative, Angelo Tettamanti si è infiltrato come giovane democratico.
Si è presentato al Centro Sociale dei Tre Ponti, un posto in cui non ha mai messo piedi se non all’esterno, dove era solito tirare contro bottiglie, o disegnare croci celtiche sui cassonetti adiacenti.
Ha paura di venir scoperto per una leggerezza tralasciata, forse nell’abbigliamento. Forse nelle sue Hogan.
In un precedente brainstorming in redazione gli hanno detto vai lì e chiedi di poter aiutare, lì dentro nessuno lavora, son tutte zecche perditempo che campano coi soldi di papà, ti mescolerai subito.
E lui così ha fatto.
Allora gli rispondono di andare sotto il palco e chiedere di Ghigno, il fonico, che lui una mano la cerca sempre. In meno di venti minuti è già con altri tre ragazzi e una ragazza a stendere cavi e sistemare i mixer.
Quella sera avrebbe suonato “La banda da tre soldi” un gruppo rock folk formatosi proprio nel centro sociale, nel cuore del movimento sovversivo della città.
Possiamo tenere i cellulari durante il concerto?
E certo, sennò come te li fai i selfie con Orietta?
Che nome simbolico “La Banda da tre soldi”, pensa Angelo, sarà un gruppo di ex delinquenti, un omaggio a quella della Magliana, sicuro. E quei pochi soldi? Tre come la Santa Tirnità, Dio, Patria e famiglia. Una denuncia radicale alle opposizioni. Sempre lì vanno a parare questi maledetti comunisti, alla rivoluzione armata ateista.
Quella sera Angelo rimane sotto il palco ad ascoltare tre ore di tributo a Bertolt Brecht e Kurt Weill.
La versione del Marinaio Johnny in versione reggae gli rimane nelle orecchie e, con non poco imbarazzo, nel cuore.
Verso la fine del concerto, sale sul palco anche Orietta Marni, la celebre cantante di liscio ottantacinquenne, fedele alle Feste dell’Unità di tutta l’Emilia Romagna.
Tornato a casa, Angelo quella notte scrive appunti per il suo articolo: qualche pugno alzato durante un riff che riprendeva Bella Ciao. Ho notato due ragazzi con la maglietta di Che Guevara, avvicinandomi ho visto che c’era scritto Cher Guevara. Mi hanno passato una canna, questa della droga è forse la strada che cercavo.
Il Ghigno rimane entusiasta del lavoro di Angelo e lo invita alla riunione settimanale dello staff del centro sociale Tre Ponti. La redazione de La Fede con i suoi giovani italianissimi e orgogliosi stagisti studia un costume perfetto per potersi mimetizzare ancora di più: jeans di seconda mano, maglietta in cotone riciclato con la scritta “save the planet” e -tocco di classe- braccialetto rainbow.
Per quest’ultimo ci sono ore di discussioni e ritrosie ma quando infine Angelo cede, il mormorio di ammirazione lo ripaga del coraggio.
Alla riunione ci sono una ventina tra ragazze e ragazzi. Angelo nota persino due persone non binarie, forse transgender. Tenta il tutto per tutto: se vuole farsi notare e scalare il più veloce possibile la verticistica gerarchia del circolo, deve rischiare.
“Ciau a tuttu vou” dice sorridendo mentre le mani gli sudano da fargli cadere la bottiglia di Ichnusa.
Qualche sorriso e poi ringraziamenti per l’accortezza dei pronomi.
Puoi usare il femminile per entrambe. Ma come? E il linguaggio inclusivo? E la shewà? E il sacrosanto lavorio logorante del neutro contro la Crusca?
Certo è importante, la questione viene affrontata dal collettivo di sociolinguistica, ma per semplicità e comodità durante la riunione puoi usare il femminile, e grazie ancora per la tua sensibilità.
Strano modo di imporre la teoria gender, pensa Angelo.
Nella riunione cerca di orientarsi tra i diversi collettivi: appunto quello LGBTQIA+ di sociolinguistica e Pride, quello di raccolta fondi per il Centro Sociale, quello femminista, quello di supporto studentesco, quello per le proteste ecologiste.
Ha l’opportunità di raccogliere informazioni e capire il filone da perseguire per la sua inchiesta.
I fondi per il Centro Sociale, prendiamo i soldi dallo Stato?
No.
Ma possiamo risultare obiettori e prendere i fondi che ci dà lo Stato, insiste Angelo facendo quel gesto della mano, roteando le dita come zampe rapaci.
Non sembrano cogliere. Cianciano di autogestione, raccolta fondi per i migranti, concerti di gruppi italomarocchini.
Un giovane studente parla di una dimostrazione, una manifestazione contro l’inceneritore della città. Scandisce nomi come Friday for Future, Extiction Ribellions, Sunrise Movement.
Andiamo a gettare vernice sulla statua di Nettuno in piazza! propone ad alta voce. Vernice? Ma che sei matto? Usiamo pigmenti di mais, li prendiamo da quelli della Color Run che paga lo stesso Comune anche se poi ci aizza la polizia coi manganelli. Ma quindi non è vernice vera? Mai usata, ma ti pare? Io sono iscritto al primo anni di Beni Culturali.
Angelo cerca di recuperare con un Viva Stalin! gettato lì, con fiero e socialista orgoglio. Solo il ragazzo del collettivo LGBTQIA+ gli risponde: “Molto Tom Selleck”.
Quello delle canne rimane il filone più fertile per la sua inchiesta, è deciso.
Alla fine viene assegnato al collettivo femminista “Carla Lonzi”. Il peggiore, il più duro, il più violento: vogliono sputare su non so chi. Eccole quelle che si fingono progressiste!
Infatti sono loro l’unico collettivo ad avere rapporti diretti con il circolo dei giovani democratici, sezione “Nilde Iotti”.
Nella stanza dedicata al gruppo, tra gli scaffali di libri, un busto in bronzo. È il cuore del potere nostalgico: meglio accendere la telecamera nascosta del cellulare.
Questa è la moglie di Lenin? Lenin aveva una moglie? La moglie di Fidel Castro, sicuro.
Ci sei andato vicino Angelo, questa è Clorinda, era il nome da staffetta partigiana, ma si chiamava Alba de Céspedes ed era italo cubana come Italo Calvino.
Se vabbè, mo’ son tutti cubani e comunisti! Ma poi sempre legati a questo passato, ancorati ai simboli vetusti dell’oppressione leninista mai al futuro, mai agli italiani, sempre ‘sti cazzo di paesi poveri, sempre con ‘sto pugnetto alzato e i reggiseni bruciati con le tette appese.
Ma guarda che Clorinda è stata una che ha rivoluzionato l’editoria con la sua scrittura, si è battuta per non esser incasellata, per la sua emancipazione professionale di scrittrice e intellettuale, se non era per Mondadori che la difese durante il fascismo…
Mondadori che difende una comunista! Ma chi vuoi che ci creda! Che razza di fake news si raccontano queste zecche! Sto registrando tutto, ci scrivo l’apertura del pezzo.
Possiamo farci una canna? Chiede con ostentata sicurezza Angelo sedendosi sulla panca e allargando le gambe per mettersi comodo, sotto gli sguardi contrariati di chi dovrebbe avere le ascelle pelose ma sembrano molto depilate.
Senti Angelo, ora viene l’avvocata che deve aiutarci per il consultorio, se hai due ore libere puoi inserire nel computer i nominativi della raccolta firme contro gli obiettori di coscienza degli specializzandi all’ospedale.
Ma manco una canna contro il patriarcato?
Angelo, ma qua noi si fa due lavori e il tempo che rimane o si fa volontariato al Centro o si studia per l’Università. Facciamo sabato? C’è il concerto di Big Mama oppure la pizzica salentina.
Due lavori? Ma non erano figli di papà?
Così Angelo decide di scrivere del traffico di droga delle femministe. Bingo!
Angelo quella sera però riceve un’altra ferale notizia, ben più importante: le firme contro gli obiettori di coscienza sono state accettate e quindi il circolo potrà avanzare una proposta direttamente alla parlamentare di riferimento.
Bravissimo Angelo! Gli ripetono le compagne del collettivo “Carla Lonzi”.
Ma io non ho fatto nulla, il merito dovrebbe seguire la gerarchia verticistica, io ho fatto data entry! La capogruppo, è merito del Quadro della corporazione!
Questo che parla è il tuo complesso dell’impostore Angelo, ora devi andare in sezione e tesserarti così poi potrai andare come rappresentate alla Camera dei Deputati.
Tesserarmi? E la canna che mi avete promesso?
Ci fermeremo a un distributore H24 di CBD.
Angelo per tutto il tragitto pensa ai suoi camerata, se venissero a saperlo sarebbe la fine della sua vita sociale e politica.
Ed eccoci qui.
Angelo Tettamanti è ora tesserato numero 139 dei Giovani Democratici, nella sezione “Nilde Iotti”. Rigira la tessera tra le mani a notte fonda, steso sul suo letto della cameretta di quando ancora era ragazzino.
È passato quasi un anno da quando si è infiltrato, prima al Centro Sociale, poi al circolo. La raccolta firme è diventata una proposta che la parlamentare PD porterà in commissione. Ci sarà il suo nome sopra. Migliorerà il futuro di molte ragazze, molte donne in difficoltà che ora devono attraversare una regione intera per accedere all’aborto.
Angelo che è contro l’aborto, contro le droghe, contro l’ideologia gender.
Quando ha incontrato la parlamentare, aveva la telecamera nascosta e le ha sussurrato all’orecchio “sputiamo su Hegel” e quella ha sorriso e gli ha risposto “Taci! Anzi Parla, Angelo!”. Minacciato, davanti a tuttu. A tutti, A TUTTI, con la “I”, ormai si confonde anche solo a pensare.
Angelo per un anno ha frequentato solo attivisti, femministe, persone LGBTQIA+. Non sente i suoi camerata dall’inizio della sua operazione sotto copertura ma nessuno lo ha chiamato per sapere come sta. Anche il direttore de “La Fede” sono settimane che ha smesso di cercarlo. Gli spunti per quella inchiesta non portano a nulla di buono, gli ha detto che le minacce della parlamentare sono in realtà titoli di libri, gliel’ha detto sua figlia di quattordici anni.
Senti Angelo, se vuoi continuare fai pure, però non portarmi le solite cose, aiuto ai migranti, consultori, vernice sulle statue… Di mais, vernice di mais! Aveva puntualizzato alzando la voce e riattaccando.
Poi non lo aveva sentito più. Non aveva sentito più nessuno
Il Ghigno gli telefona sempre invece, dice che lo porta fuori a cena con due sue amiche, due ragazze che studiano antropologia, una delle due lo ha sentito parlare di Clorinda, della Céspedes, e vuole conoscerlo.
Angelo sta pensando di restare infiltrato per un altro po’ di tempo, finché il suo futuro gli sembrerà meno spaventoso.
Finché gli sembrerà meno nero.